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Trinchese

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Trinchese olim Trinchis
StatoRegno di Napoli, Regno delle Due Sicilie (dal 1816)
FondatoreCorrado Trinchis
Data di fondazioneXIII secolo
Etniaitaliana
Rami cadettiTrinchese di Lecce
Tranchese di Napoli
Tranchese di Pomigliano d'Arco
Tranchese di Castel Cicciano
Tranchese di Somma Vesuviana

La notabile famiglia Trinchese (nota anche nelle varianti Tranchese e Tranchesi), un tempo detta Trinchis, è un'antica casata campana di rango civile[1], che ha goduto di nobiltà di privilegio[2] a Nola sino alla fine del Quattrocento. Successivamente alcuni esponenti del casato furono ammessi alla nobiltà vivente (vita more nobilium)[3].

Originatasi a Nola verso la fine del XIII secolo, diramò nelle città di Lecce, Napoli, Pomigliano d'Arco, Castel Cicciano, maturando una cospicua distinzione fin dal XIII secolo, grazie alle vaste proprietà fondiarie ed alle onorate carriere al servizio della corona, nel clero e nell'amministrazione cittadina.

Nel corso dei secoli ottenne dall'Ordine di San Giovanni di Gerusalemme la concessione di alcuni feudi[4].

Verso la fine del XV secolo, entrò in decadenza.

Rami collaterali[modifica]

A partire dal XVI secolo, a causa del notevole aumento numerico dei componenti della casata, intere propaggini si videro costrette a distaccarsi dal lignaggio principale e trasferire le rispettive dimore nei luoghi più disparati, dando così vita a svariati rami minori (alcuni di umili condizioni). Di questi si rammentano i tre principali, i cosiddetti "de casa solariega"[5]: i Trinchese di Nola, di Lecce, di Napoli e di Pomigliano d'Arco.

Famiglie imparentate[modifica]

Elenco di alcune delle principali famiglie imparentate col ramo originario nolano:

  • Orsini: nobilissima famiglia di Nola, di origine romana.

Linee minori[modifica]

A causa dell'elevato numero di membri del casato, solo alcune linee genealogiche furono in grado di mantenere la ricchezza ed i presupposti di vita more nobilium, per questo a Nola, Pomigliano d'Arco, Somma Vesuviana, Marigliano, a Napoli (nel quartiere di San Ferdinando) ed a Cicciano, si incontrano spesso, a partire dal XVI secolo, un gran numero di membri, indiscutibilmente appartenenti al casato in questione, ma impiegati in attività ben più umili di quelle esercitate dai membri delle diramazioni principali.

Note[modifica]

  1. Da "Napoli e contorni" di Giuseppe Maria Galati, 1829: "A Napoli si dà l'onorifico nome di civili a quelli del secondo ceto o sia ceto medio come se si volesse indicare che in essi era ristretta la coltura tra le estreme classi ignoranti. Ma la vanità fa riguardare come insultante tal nome a coloro che voglion passare per nobili. Noi che non dobbiamo tener conto di tutte le categorie della vanità comprendiamo in questa seconda classe i nobili di ordine inferiore, i ricchi proprietari, i primarii mercadanti, i magistrati, gli avvocati, i medici, e tutte le persone che hanno un'educazione più accurata."
  2. Di carattere personale, è quella nobiltà ottenuta da coloro che "per meriti, e servizj personali prestati alla Corona e allo Stato, giungono ad essere promossi a gradi maggiori, ed onorifici della Milizia, della Toga, e della Corte. E tutti coloro, che nelle dette, ed altri Classi di real servizio, e dello Stato giungono ad ottenere decorosi impieghi, i quali imprimono carattere".
  3. Dal Regio Dispaccio del 25 gennaio 1756 e da "Istituzioni di dritto nel Regno di Napoli" di Berardino Greco: nel regno di Napoli lo stadio più basso della nobiltà era quello derivante dalla prolungata vita more nobilium, cioè "vita al modo dei nobili", che consiste nell' " [...] aver vissuto civilmente con decoro e comodità, senza esercitare carica e impiego basso, e popolare, ed essere sempre stati riputati dal Pubblico Uomini onorati, e dabbene [...]". Tale godimento comporta la cosiddetta "nobiltà civile" o "nobiltà vivente", che consiste in una nobiltà generica "di fatto", né scaturita né riconosciuta da alcuna fons honorum, ma naturalmente acquisita per prescrizione secolare e pacificamente riconosciuta iure communi. Il cardinale De Luca, ne "Il dottor volgare", definisce tale condizione sociale come quella "[...] de' nobili privati, che il volgo chiama gentilhuomini [...]". L'abate Berardino Greco definisce la "nobiltà privata, distinta dalla plebe" del Regno di Napoli, come quella di "colui che vive nobilmente nello stato delle ricchezze e della civiltà". In tempi più recenti il carattere "privato" di questo status ha fatto sì che perdesse di importanza, iniziando ad essere definito notabilato o distinta civiltà.
  4. Trattasi di feudi de tabula, una tipologia di suffeudi che un barone concedeva al vassallo senza l'assenso del sovrano in cambio di un censo annuale (redditum). Detti de tabula, in quanto registrati nelle tavole del barone (tabulae baronis) e non nei quaternioni del re, essi erano svincolati dagli obblighi feudali (eccetto che per il redditum) e, pertanto, erano considerati come franchi allodi. In particolare, nella regione di Cicciano, erano detti bona reddititia Commendae, in quanto il suffeudatario (detto tenens) corrispondeva alla Commenda il redditum annuo per il possesso del suffeudo. Trattandosi di feudi mediati non nobili (cioè privi dell'investitura diretta del sovrano, la cosiddetta "immediatezza reale", e manchevoli del servitium feudale) erano considerati concessioni di rango minore, i cui possessori erano considerati "non in tutto nobili, ma come un ordine tra i militi (feudatari) ed i non militi (plebei)" (da "Della storia delle finanze del regno di Napoli: libri sette" di Ludovico Bianchini); tale classe è stata definita dei "baroni plebei" o "baroni di franco allodio" (da "Archivio Storico Italiano", della Deputazione di Storia Patria). Le principali località dove erano situati i suffeudi in possesso della famiglia furono: . Da "Leggi Civili": "Gli altri suffeudi poi intanto furono detti "plana" in quanto che si concedevano senza solennità, onde lo Andrea il chiama semplici, si chiamano eziandìo "de tabula" perché il nome del suffeudatario era notato nel registro del barone che ne' secoli bassi dicevasi "tabula". l feudi "plana" o "de tabula" si suddividono in militari e rustici: i militari sono conceduti col peso del servizio della guerra nel cui luogo si è surrogata l'adoa. All'incontro i rustici sono conceduti col peso di una corrisponsione in generi (redditum). Questi si designano anche col nome di tenasie, tenimenti e beni redditizi".
  5. Trattasi dei rami in possesso di una dimora gentilizia stabile, che connoti la duratura importanza del ramo stesso (cfr.: Casa solariega)


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