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Assemblage

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La storia degli assemblage (una versione tridimensionale del collage su carta o tela) inizia negli anni Trenta grazie ad opere di Braque, Joseph Cornell, Dubuffet, Marcel Duchamp, Picasso, Robert Rauschenberg, Man Ray e Kurt Schwitters. Artisti dadaisti e surrealisti propongono collage cubisti di materiali diversi come legno, ferro, carta, e oggetti di uso quotidiano. Dubuffet e successivamente Marcel Duchamp e Pablo Picasso hanno sperimentato la creazione di forme nuove derivate dalla combinazione di forme vecchie e pre-esistenti, seguiti da Elsa von Freytag-Loringhoven (la Baronessa Dada) e Louise Nevelson che, anziché creare sculture facendole emergere da masse di legno, pietra, marmo, le assemblano collegando con chiodi, colle o vernici object trouvès di scarso o nessun valore iconico e figurativo.

Gli assemblages viventi[modifica]

La Scacchiera da cui l'autore ha tratto l'AV Il sogno degli Archi

Nel 2020 Ottavio Rosati (regista, sceneggiatore e psicodrammatista) presenta una derivazione detta Assemblage vivente basata sulla combinatoria di oggetti, fotografie e disegni che l'autore può trasformare all'infinito tenendo conto delle osservazioni del pubblico e della trasformazione dell'immagine iniziale in successive fantasie, sogni e reveries. Rosati deriva la struttura degli assemblages dalla sua tecnica terapeutica della Scacchiera in cui il paziente nello studio dell'analista traduce il suo discorso in immagini creando su una scacchera una composizione di statine tratte da una library a sua disposizione. Si tratta di una forma di immaginazione attiva in progress.

Il sogno degli archi, 2023

R. dichiara: La Scacchiera nasce nello studio dell’analista per sintetizzare attraverso un piccolo gruppo di personaggi un problema o un sogno, una fantasia o un progetto, e alla fine della seduta può essere fotografata ed è smontata. Invece l'assemblage si fa in uno spazio proprio come avviene con l’immaginazione attiva secondo Jung.

Questi lavori mirano alla continua trasformazione per mantenere in carica la Vita oltre che l'Opera. L'assemblage vivente costituisce un'opera d'arte mutante con funzione terapeutica e può partire da un'opera d'arte dell'autore o di altri. La loro natura materica in 3D consente all'autore infinite trasformazioni che non sono possibili quando il risultato dell'immaginazione attiva avviene nella forma bidimensionale del disegno o della pittura, soprattutto nel caso in cui (come nel Libro Rosso di Jung) il risultato estetico è così elevato da scoraggiare la ristrutturazione del lavoro.

Gli assemblages viventi hanno una dimensione visiva e artistica dinamica. Tendono a essere euforizzanti e a colpire l’attenzione del passante. Non si limitano a dislocare l’object trovee in un ambito artistico, ma lo trasformano e lo ricombinano di continuo al di là della sua funzione originaria.

Prendono posto in uno spazio ma si muovono a volontà secondo il nostro estro o il loro bisogno di trasferirsi rivoluzionando l’arredamento senza farsi problemi. Possono cambiare nome e collocazione nel corso del tempo.

Non sono mai finiti ma l'autore li fotografa e li smantella quando hanno esaurito la loro funzione vitalizzante. Le loro componenti possono confluire in nuove creazioni.

Poggiano su qualunque superfice (tavoli, librerie, cassetti, armadi). Gradiscono luci o riflettori puntati su di loro. Abusano o corteggiano "fino all'abuso" (sic) creazioni pre-esistenti.

La prima pubblicazione degli A V su una rivista d'arte avviene nel 2023 su Calameo.

Ottavio Rosati, 20.000 leghe sotto i mari, cm. 60x90x40
O. R., La Medusa di Antinoo., cm.130x80x30

Note[modifica]