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Maledizione della nona

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La maledizione della nona (sinfonia) si riferisce a una superstizione relativa all'ambito artistico, secondo la quale diversi compositori romantici e post-romantici sono morti dopo la loro nona sinfonia (completata o no) alla quale viene attribuita una fama di maledizione legata a questa cifra. Tra le vittime di questa maledizione: Ludwig van Beethoven, Louis Spohr, Franz Schubert, Antonín Dvořák, Ralph Vaughan Williams, Anton Bruckner e Gustav Mahler.

Origine[modifica]

Secondo Arnold Schoenberg, la credenza prese il via quando Mahler, che scrisse il Das Lied von der Erde (che, in effetti, era la sua 9ª sinfonia), lavorò e completò la nona, e, pensando di aver evitato la maledizione, iniziò la composizione della decima, ma morì poco dopo, lasciandola incompiuta.[1]

Dal punto di vista di Mahler, le sole due vittime di questa maledizione sono stati Beethoven e Bruckner. La Nona Sinfonia di Schubert era considerata come Settima ai tempi di Mahler[2]. e Dvořák considerava la propria prima sinfonia in Do minore come perduta. Bruckner era superstizioso riguardo alla propria Nona Sinfonia, non a causa della Maledizione della Nona, ma perché questa era nella stessa tonalità della Nona di Beethoven (Bruckner considerava la sua Sinfonia in Fa minore solo un esercizio scolastico e la Sinfonia in Re minore, adesso conosciuta come sinfonia N. 0, non adeguata).

In un saggio su Mahler, Schoenberg scrisse:

«È come se la Nona fosse un limite. Chi vuole superarla deve morire. Sembra come se qualcosa ci venisse comunicato attraverso la Decima, che noi adesso non possiamo conoscere, per il quale noi non siamo pronti. Quelli che hanno scritto una Nona sinfonia sono arrivati troppo vicini all'Aldilà»

Altri[modifica]

Dopo Mahler, diversi compositori usati come esempio per la Maledizione sono stati: Kurt Atterberg, Elie Siegmeister, Alfred Schnittke, Roger Sessions, Egon Wellesz, Ralph Vaughan Williams, Peter Mennin e Malcolm Arnold. Comunque molti di questi esempi contengono degli elementi che tendono a lavorare contro questa superstizione: Schnittke scrisse la sua Nona e ultima sinfonia con la mano sinistra mentre era praticamente paralizzato e incapace di parlare, a causa di una serie di infarti; l'autenticità del lavoro, come viene eseguito a partire dal suo manoscritto, è La pagina Modulo:Chiarimento/styles.css è priva di contenuto.problematica[vago e improprio]. In ogni caso, una "Sinfonia N. 0" scritta da Schnittke è stata eseguita e registrata, dunque il totale delle sue sinfonie risulta essere di 10.

Alexander Glazunov completò il primo movimento della sua Nona ma non ci lavorò più per i restanti 26 anni in cui visse. In un'intervista registrata all'epoca della sua première, Malcolm Arnold ha dichiarato che non avrebbe scritto altre sinfonie dopo la sua Nona (op. 128); andò esattamente così, ma visse comunque per altri 20 anni, raggiungendo il numero d'opus 142.

Dmitri Shostakovich, la cui musica è stata fortemente influenzata da Mahler, si sentì sotto pressione nello scrivere una Nona sinfonia dallo spirito grave, temendo di fare la fine di Beethoven. Rifuggendo quest'idea, scrisse una composizione leggera e frizzante, piena di sarcasmo e ironia, simile nel linguaggio ai suoi celebri lavori scritti in quel periodo. Shostakovich in realtà avrebbe dovuto

«scrivere una maestosa Nona sinfonia ... [con] fiati quadruplicati, coro e solisti per acclamare il grande capo. Ancor di più perché Stalin trovava questo numero [il 9] fortunato[3]»

Ma quando la sinfonia venne eseguita

«Stalin era irritato. Si sentì profondamente offeso, perché non c'era il coro, né i solisti. E nessuna apoteosi. Non c'era nemmeno una seppur minima dedica[4]»

Stalin non fu l'unico ad essere dispiaciuto. Il lavoro "causò sgomento fra i circoli ufficiali per non essere stato quel grandioso inno che avrebbe celebrato la vittoria sovietica sulla Germania[5]." Nel terzo movimento Shostakovich cita addirittura delle frasi dalle None sinfonie di Beethoven e di Mahler. Il lavoro termina con uno stile decisamente provocatorio.

Effettivamente, chiudendo la Maledizione della nona, Shostakovich fu il primo grande sinfonista a comporrè più di nove sinfonie dai tempi di Haydn e Mozart, giungendo a scriverne 15 in totale. Senza più motivo di preoccupazione, la sua decima sinfonia è considerevolmente più lunga della sua Nona.

Controesempi[modifica]

Oltre a Shostakovich, alcuni controesempi sono: Hans Werner Henze (10; la sua nona è una sinfonia corale), William Schuman (10; le sue prime due sono state ritirate), Edmund Rubbra (11; la sua nona è una sinfonia corale), Heitor Villa-Lobos e Darius Milhaud (12 ciascuno), Henry Cowell (17), Allan Pettersson (17), Nikolai Myaskovsky (27), Glenn Branca (14, sebbene la definizione di "sinfonia" per Branca non sia quella tradizionale), Rued Langgaard (16 più una non numerata sinfonia corale Sinfonia Interna). Infine, il caso di Havergal Brian (32) e quello più unico che raro di Leif Segerstam (285 sinfonie terminate).

I compositori prima di Beethoven, come Joseph Haydn (104) e Wolfgang Amadeus Mozart (41), non sono considerati rilevanti in questa superstizione.

Note[modifica]

  1. Ethan Mordden, A Guide to Orchestral Music: The Handbook for Non-Musicians. New York: Oxford University Press (1980): 312. "Sebbene sia più un ciclo di canzoni che una sinfonia, questa avrebbe dovuto essere la Nona sinfonia di Mahler, ma la superstizione lo ammonì. Beethoven e Schubert morirono dopo aver completato le rispettive None e Bruckner morì senza completare la sua Nona. [...] Credette di aver trovato una via d'uscita: dare alla sua Nona sinfonia un nome e non un numero e quindi saltare l'ostacolo e rimanere incolume. Ma il destino rise a Mahler e lui, come i suoi predecessori, morì prima di completare la sua Decima sinfonia."
  2. Stephen Johnson, "Mahler" in Layton, Robert, editor. (1995) A Guide To The Symphony (Oxford): Oxford University Press. ISBN 0-19-288005-5. pp. 180 - 181.
  3. Solomon Volkov, Testimony: The Memoirs of Dmitri Shostakovich, tradotto in inglese da Antonina W. Bouis. New York: Limelight Editions (1979): 140
  4. Solomon Volkov, Testimony: The Memoirs of Dmitri Shostakovich, tradotto in inglese da Antonina W. Bouis. New York: Limelight Editions (1979): 141
  5. Elizabeth Wilson, Shostakovich: A Life Remembered. Princeton: Princeton University Press (1994): 175

Bibliografia[modifica]

  • Cooke, Deryck. Gustav Mahler: An Introduction to His Music. Cambridge: Cambridge University Press, 1995.
  • Lebrecht, Norman. Mahler Remembered. New York: W.W. Norton, 1987.
  • Mahler-Werfel, Alma. The Diaries, translated by Antony Beaumont. Ithaca, NY: Cornell University Press, 2000.
  • Dan Stehman, Roy Harris: An American Musical Pioneer. Boston: Twayne Publishers (1984): 163 - 169


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