Salvatore Bosco
Salvatore Bosco (Favara, 6 gennaio 1905 – Favara, 10 ottobre 2000) è stato uno storico e filosofo italiano.
Di simpatie prima comuniste e poi anarchiche, attivo in particolare tra gli anni settanta e ottanta del Novecento, si è interessato alla riscoperta del patrimonio storico locale e ha sviluppato un originale pensiero filosofico.
Secondo Bosco, infatti, ogni essere vivente è costituito da un proprio sistema isometrico, dato dalla combinazione delle tre Energie di Istinto, Amore e Ragione che caratterizzano la personalità dell'individuo e ne determinano l'avvenire.
Ha condotto una vita riservata e non ha preteso la capillare diffusione delle sue opere, che però inviava nelle biblioteche di tutta Italia. Ciò non gli ha impedito di trattare tematiche quali la pena di morte, la criminalità, la mafia, l'educazione del popolo e la genetica animale.
«La lotta per la liberazione del popolo […] si ottiene con l’istruzione, con la conquista della cultura, che servono a liberare l’uomo dalle brutali passioni naturali, lo rendono equilibrato e capace di saper ricostruire laddove c’è necessità di demolire.» |
Biografia[modifica]
Nato a Favara da una famiglia di modesti proprietari terrieri, Bosco abbandonò presto la scuola e conseguì la licenza di maestro elementare solo nel 1930, insegnando per un anno a Bengasi.
«Riflettevo e mi chiedevo: ma ci dev’essere qualcuno che deve pensare a questi poveri contadini, oltre Dio? Così mi avvicinai al comunismo.» |
(Calogero Castronovo, "Favara e l'assassinio di Gaetano Guarino") |
Dal 1935 in Italia, fece poi parte del CLN alla liberazione da parte delle truppe alleate in quota Partito Comunista locale, da cui poi si allontanò per dissapori con i dirigenti del partito.[1]
Contestualmente aderì al partito anarchico di Antonio Sicilia, partecipando a campi anarchici in Toscana e in Spagna e collaborando con testate giornalistiche quali: “L’Agitazione del Sud”, “Era nuova”, “Volontà”, “La fiaccola” dell’amico Franco Leggio e “Sicilia Libertaria”.
Con il fondatore di quest’ultima, Pippo Gurrieri, Bosco entrò in stretto contatto verso la metà degli anni settanta e su suggerimento di questi diede inizio ad importanti pubblicazioni.
Tra le quali si ricorda “Il proletariato a Favara”, edito nel 1983 e riferimento bibliografico per molti storici locali.
Durante la sua vita intrattenne corrispondenze con anarchici quali Francesco Ranci, Giulio Toffoli, Paolo Schicchi, Giuseppe Giudice e Giuseppe Grillo.
Negli ultimi anni si ritirò in campagna[2] ed insegnò agli anziani di un ospizio locale, non pretendendo alcuna forma di compenso.
Morì a Favara all’inizio del terzo millennio.
Opere[modifica]
Bosco scrisse in totale sei libri, a carattere storico e filosofico.
Tra i primi, “Il proletariato a Favara”, “Nella Favara di altri tempi”, “Favara. Le sue miserie e le sue disarmonie”.
Tra i secondi, “L’avventura esistenziale nella vita e nell’universo”, “Considerazioni sulla pena di morte”, “La mente e gli animali”.
Egli tuttavia condusse una vita ritirata e non s’interessò tanto alle vendite, quanto alle biblioteche cui periodicamente inviava i suoi volumi.
Stile[modifica]
Lo stile di Bosco si caratterizzava per i lunghi periodi intervallati da frequenti incisi, parole auliche e l’utilizzo di metafore: un esempio è il raffronto tra l’uomo e la pentola.
Come infatti come la pentola spande l’odore di cosa vi sta dentro, così anche gli uomini possono comprendere l’intimo dell’altro uomo con le loro azioni ed i loro atti.
Modelli[modifica]
Bosco si dichiarò ispirato da pensatori quali Pëtr Kropotkin, Élisée Reclus, Francesc Ferrer Guardia, Max Stirner: intellettuali di matrice anarchica e libertaria. Si definì a più riprese un anarchico e di matrice gramsciana, pronto a sostenere le esigenze del proletariato e la lotta di classe.
Storia[modifica]
Il proletariato a Favara[modifica]
L’opera ricostruisce le lotte sociali dei contadini e solferai contro le classi dominanti, negli anni che vanno dal 1890 al 1960. Importante testo di storia locale, si focalizza sull’impatto che la legge Gullo-Segni ebbe nelle campagne siciliane e tratta anche la questione delle miniere con le varie agitazioni e la chiusura delle stesse.
Nella Favara d'altri tempi[modifica]
Il libro mira a conservare la memoria della Favara alla fine dell’800. Bosco affidò la prefazione allo storico favarese Vincenzo Arnone e contrappone la vita del proletariato a quella dei borghesi possidenti terrieri, talvolta con spiccata ironia. Spicca tra tutti l’episodio dell’onorevole Giovanni Miccichè il quale, volendo assaggiare la minestra degli operai di nascosto dalla moglie, alla vista di topi abbandonò spaventato il suo proposito, con l’irrisione degli operai.
Favara. Le sue miserie e le sue disarmonie[modifica]
Il testo è una raffinata ricostruzione storica tra Otto e Novecento, una delle prime opere a parlare di mafia e criminalità. Viene citato ad esempio il lavoro di Renato Candida[3] ma anche criticato il lavoro storiografico di Luigi Pirandello: lo scrittore infatti, nel celebre romanzo “I vecchi e i giovani”, parlò del paese dell’autore riportando a suo dire notizie inattendibili.
“Pirandello è eccellente come romanziere, come drammaturgo, ma come storiografico non fa assolutamente testo, almeno per quelle cose ed eventi che egli attribuisce a Favara.”
Nella prefazione, Giuseppe Alonge lo paragona al latino Sallustio: come infatti questi aveva riportato alla luce l’ultimo secolo della Repubblica Romana, così Bosco avrebbe illuminato gli ultimi 150 anni della storia favarese.
Filosofia[modifica]
Pensiero[modifica]
“L’uomo, in tal modo, è come una marionetta in balia delle tre nature, che non può avere una volontà ferma, deliberante, una personalità capace di scegliere liberamente e coscientemente e promuovere, fra mille, l’azione o il compito che meglio gli aggradano.”
Il pensiero filosofico di Salvatore Bosco è quantomai complesso e affascinante.
Ogni essere vivente è costituito da un proprio sistema isometrico, dato dalla peculiare combinazione di tre Energie che orientano gli atteggiamenti e la personalità dell’individuo, e ne determinano qualsiasi avvenimento.
Al di fuori di suddette Energie vi è il nulla, riprendendo la lezione degli eleati.
L’uomo ripete, nel corso della vita, sistematicamente tre azioni: atti istintivi, atti d’amore verso l’altro, atti di ragione e intelletto.
Le Energie, di cui l’uomo risulta “impastato”, sono indispensabili per la vita e garantiscono proprio l’attuazione di suddetti atti.
Queste sono Istinto, Simpatia e Ragione.
Istinto[modifica]
L’Istinto o “Energia A” è insieme di forze irrazionali e disarmoniche, la cui instabilità si percepisce a livello biologico con la causa di malattie, ma anche a livello sociale poiché causa di “rapina, sequestro di persona, furto, peculato, diffamazione, calunnia […]”. Se in forma estrema, si parla di “Istinto bestiale”.
Amore o Simpatia[modifica]
L’Amore-Simpatia o “Energia B”, sentimento sperimentato da tutti nella vita quotidiana, porta l’uomo inteso come aristotelico animale sociale a dialogare e confrontarsi. Presente in maniera maggiore nelle donne piuttosto che negli uomini, si identifica con la "Nostalgia" se rapportato alla storia, intesa come di tradizioni familiari e non, ma anche semplice amore per il passato.
Ragione[modifica]
“La Ragione che controlla e regola la sintesi o, come si chiamano nel linguaggio chimico, le combinazioni, a cominciare dalle più semplici che convivono al di là delle stesse particelle subatomiche…”
La Ragione o “Energia C” è punto di medietas tra l’Istinto e l’Amore. Considerata madre dell’intelligenza umana nonché fautrice di attività positive quali l’esperienza, la scienza, lo studio.
Condivisa, in misura diversa, da tutti gli esseri viventi, se ben esercitata riesce socraticamente a limitare l’influsso dell’istinto bestiale.
Se un impulso di Energia prevale su un altro si hanno effetti contrastanti: la prevalenza dell’istinto porta allo scoraggiamento e può condurre al suicidio, mentre un troppo amore provoca felicità e fortuna.
Il prevalere di un’energia su un'altra provoca quindi una peculiare personalità, che generalmente non è sostituita da un'altra: lo stato del duraturo prevalere di un Energia è detto “abitudine cosmica”.
La morte è nient’altro che l’uscita contemporanea delle tre Energie. Inoltre, i sistemi isometrici di ogni persona, animale o vegetale possono essere simili, ma non uguali: un esempio è dato dalle galline e colombe. Se infatti ambedue possiedono le ali soltanto le seconde, per una particolare combinazione isometrica, riescono a volare.
Bosco quindi auspica il pluralismo e confuta il concetto hegeliano di “Spirito”.
L'avventura esistenziale della mente nell'universo[modifica]
Capolavoro filosofico di Salvatore Bosco, con linguaggio comprensibile affronta la già citata presenza delle Energie all’interno dell’uomo, e di come queste debbano mantenersi in equilibrio per garantire la tranquillità. Vi è anche una critica al sistema politico, inteso come un’orchestra i cui strumenti appaiono in disaccordo. La prefazione fu curata dall’amico Pietro Riggio di Ragusa, mentre il testo è conservato alla Biblioteca Comunale di Favara.
Considerazioni sulla pena di morte[modifica]
Breve libello, nasce in seguito alle esecuzioni capitali in quegli anni numerose negli Stati Uniti d’America. Si inizia con una disamina che percorre le età dell’uomo, dalle origini tribali fino alla moderna evoluzione; la pena di morte porterebbe alle paure e all’efferatezza dell’uomo primitivo.
Tutti, secondo Bosco, hanno il diritto ad una seconda possibilità ed “emendarsi”. Per questo l’ergastolo è largamente peggiore alla pena di morte: la pena è pensata per reinserire l’individuo in società, e se ciò non sia possibile la morte è vista anzi come una felice liberazione dai tormenti.
La mente e gli animali[modifica]
“Precisiamo che gli animali si interessano soprattutto del presente e percepiscono in modo approssimato sia il passato che il futuro.”
- Ibidem
Affronta argomenti di genetica animale ed evoluzione in chiave filosofica. Come visto in precedenza, l’autore afferma la presenza di una Mente attiva sia nell’uomo che negli animali. Il libro nasce in seguito ad osservazione empirica, in particolare su cani e volatili che Bosco osservava nella sua campagna di contrada Poggio di Conte.
Per quanto la posseggono, gli animali tuttavia non arrivano a fare uso della Mente proprio per il sistema isometrico nel quale la Ragione viene a trovarsi più o meno presente a seconda dei casi.
L’animale, in particolare il cane, non sceglie qualcosa per semplice istinto meccanico ma al contrario a seguito di rudimentali momenti di ricordo, analisi e sintesi.
Con la prefazione dell’amico anarchico Francesco Ranci, sul finire dell’opera si dibattono di temi come l’uguaglianza degli individui ed il coinvolgimento delle donne nella vita pubblica:
“Le donne nel cui grembo si formano le generazioni in generale […] ci sembrano più adatte a concepire e svolgere i più interessanti temi della vita sociale con molta più imparzialità dell’uomo.”
Il volume fu criticato da Giulio Toffoli per l’eccessiva descrizione e la poca concretezza.
Inediti[modifica]
L'uomo dalle due facce[modifica]
Unico esempio di romanzo nella produzione dell’autore, tratta tematiche quali l’emigrazione, il malaffare, la mafia.
Prodotto probabilmente negli anni ’90, segue la storia della famiglia favarese dei Casserino immigrata in California e di Don Gaspare Petta, uomo disonesto e senza scrupoli che si mostra diverso, appunto con due facce.
Racconti. Fatti e personaggi di Favara[modifica]
Scritto nel 1978 e di matrice più grezza rispetto all’opera precedente, illustra le tradizioni del suo paese natale e traccia monografie di personaggi influenti quali il barone Antonio Mendola, celebre benefattore della città, o il principe Biagio Licata di Baucina. Vi è un forte richiamo alle feste popolari, come San Giuseppe, e ad aneddoti locali.
L'opera approfondisce tematiche centrali nel pensiero di Bosco quali la didattica, l'educazione e la storia.
Entrambi i testi sono custoditi nella Biblioteca Comunale di Favara. Inoltre la casa editrice Medinova si propone la pubblicazione di tutte le opere dell’autore, inedite e non, in modo da favorirne una conoscenza più ampia.
Curiosità[modifica]
- Nell’immediato dopoguerra, il PCI locale di cui allora faceva parte voleva candidare Bosco a sindaco della cittadina. Tuttavia fu proprio Bosco a proporre la candidatura di Gaetano Guarino, poi effettivamente eletto ed ucciso 65 giorni dopo la seconda sindacatura.
Vedi anche[modifica]
Bibliografia[modifica]
Questa voce o sezione sull'argomento scrittori è ritenuta da controllare.
|
Pasquale Cucchiara, “Salvatore Bosco. Il filosofo del popolo”, Edizioni Medinova, Favara, 2019
Salvatore Bosco, “L’avventura esistenziale nella vita e nell’universo”, Edizioni La Fiaccola, Catania, 1981
Salvatore Bosco, “Il proletariato a Favara”, Edizioni Sicilia Punto L, Ragusa, 1983
Salvatore Bosco, “Nella Favara di altri tempi”, Edizioni centro culturale Pirandello, Agrigento, 1987
Salvatore Bosco, “Considerazioni sulla pena di morte”, Agrigento, 1988
Salvatore Bosco, “Favara. Le sue miserie e le sue disarmonie”, Modica, 1989
Salvatore Bosco, “La mente e gli animali”, Edizioni Sicilia Punto L, Ragusa, 1990
Luigi Pirandello, “I vecchi e i giovani”, BUR, Roma, 2011
Calogero Castronovo, “Favara. L’assassinio di Gaetano Guarino”, Edizioni Controstampa, Palermo, 2005
Note[modifica]
- ↑ In particolare con Giuseppe Quaranta, a più riprese definito irascibile e violento. Come in altre sezioni in quel periodo, anche a Favara si avvertiva un divario tra la parte operaia e quella intellettuale del partito. Al prevalere di Quaranta, esponente della prima, oltre a Bosco anche gli intellettuali Gaetano Sanfilippo e un tale Valenti abbandonarono il partito.
- ↑ Precisamente in contrada “Poggio di Conte”.
- ↑ Carabiniere torinese, comandante dell’arma di Agrigento, che ispirò il Bellodi di Sciascia.
Questo articolo wiki "Salvatore Bosco" è da Wikipedia The list of its authors can be seen in its historical and/or the page Edithistory:Salvatore Bosco.