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Metalclad

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Metalclad è una società statunitense di gestione delle discariche.

Discarica di Guadalcázar[modifica]

Nel 1993 Metalclad acquistò dalla compagnia messicana Coterin una zona di interramento dei rifiuti situata nei pressi della città di Guadalcázar. Coterin aveva progettato di costruire in quell'area una discarica di rifiuti pericolosi ma non era riuscita ad acquisire i permessi necessari dal governo locale. Metalclad riuscì ad ottenere quelli di uso del suolo dal governo federale messicano, ma i governi locali non risposero alla domanda per il permesso di costruzione avanzata dalla società né concedendo né negando l'utilizzo dell'area. Il sindaco della città si opponeva alla discarica in ragione della grande quantità di rifiuti tossici al suo interno e della minaccia che essa rappresentava per le forniture d'acqua locali.

Nel 1992, prima che Metalclad acquistasse l'area, un'analisi condotta dai funzionari ambientali messicani stabilì che più di ventimila tonnellate di rifiuti pericolosi erano stai scaricati in maniera impropria[1]. I funzionari decisero di permettere alla discarica di proseguire i lavori e di concedere i permessi a Metalclad solo alla condizione che essa rimuovesse i materiali di cui sopra.

Nel 1993 Metalclad acquistò la discarica. Gli abitanti del luogo cominciarono a lamentare l'insorgenza di malattie aggressive e il progressivo inquinamento della loro acqua[1]. Uno studio ambientale del 1994 commissionato dal nuovo governatore dimostrò che il cumulo di rifiuti era collocato in maniera appropriata e che quindi poteva continuare le operazioni.

Nel 1995 la Segreteria dell'ambiente e delle risorse naturali messicana autorizzò le operazioni della discarica a condizione che Metalclad eliminasse tutti i materiali disposti in modo non corretto. Le autorità locali negarono quindi il permesso di costruzione, e Metalclad fu costretta ad interrompere i lavori.

Nel 1997 Metalclad, appellandosi al capitolo 11 della NAFTA, citò in giudizio il governo messicano per danni pari a 90 milioni di dollari ed ottenne, grazie a un arbitrato della ICSID[2], un risarcimento pari a 16,7 milioni di dollari. Questi venne in un secondo momento ridotto alla somma di 1,1 milioni di dollari a seguito di un ricalcolo del periodo di interesse applicabile.

Note[modifica]

Collegamenti esterni[modifica]

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