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Joshua Maurini

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Biografia[modifica]

Firma Joshua Maurini

Joshua Maurini[1] nasce a Dolno Selo, piccolo paese al confine Bulgaro in mezzo a tre grandi culture dell'est europeo: la Bulgaria, Macedonia e Serbia.

Padre italiano e madre israeliana, passa prima l'infanzia in Italia, a Roma, e a metà degli anni ottanta torna con la famiglia prima in Bulgaria poi in Serbia da dove negli inizi degli anni novanta quasi adolescente fugge dalla guerra civile che a quei tempi stravolgeva tutta la compagine Jugoslava.

Si rifugia in Austria ed è da subito affascinato dalle arti figurative soprattutto dall'influenza mittleeuropea dell'arte materica e “informale”, un termine con il quale si spiega una serie di sperimentazioni artistiche, accresciute in Europa, America e Giappone, e sostanzialmente espressa dal rifiuto di qualsiasi forma, figurativa o astratta, composta secondo canoni razionali, tradizionali, di culture precedenti.

"Arte informale" è un termine definito in Francia negli anni Cinquanta per individuare una tendenza verso un nuovo modo di creare forme, figure, prive di profili riconoscibili, usate soprattutto nel Cubismo e l'Espressionismo, che nasce da un semplice gioco di parole in cui si articola e coniuga lo svincolo di metodi e regole precostituite concentrando l'interesse al dato e all’elemento reale contingente. I riflessi profondi di tale negazione, derivano dalle difficoltà degli artisti di fronte all'immensa tragedia della seconda guerra mondiale, dalle leggi razziali e dalle deportazioni, e al disinteresse del resto dell'umanità, ai suoi micro mondi ed degli equilibri sociopolitici e religiosi hanno permesso tale orrore.

L'esperienza artistica[modifica]

Attingendo in parte da un'esperienza artistica maturata nella grande Salisburgo del tempo, e dagli ambienti urbani della Roma moderna in cui ritorna nella seconda metà degli anni novanta, il tentativo artistico è quello di portare l’osservatore alla sua esperienza reale, contrassegnata dalla esperienza della guerra civile Jugoslava sì, ma anche della sua ricostruzione. Un risultato che stimola a scrutare oltre, per scorgere una luce sempre diversa luminosa e positiva, come quando il ritorno in quelle zone di guerra con il contingente militare IFOR per gli aiuti umanitari tra il 1995 e il 1996, e partecipando attivamente alla demolizione degli edifici pericolanti della città di Sarajevo e Mostar, dei loro musei, dei ponti e dei monumenti, ma anche del tracciamento dei confini Bosniaci nel gruppo B.O.E. (Bonifica Ordigni Esplosivi) dell’Esercito Italiano, che sminando e facendo brillare ed esplodere mine, in realtà fondava la ripartenza per costruire crescita della fiducia e positività per la ricostruzione.

In questo tipo di opere di natura materica/polimaterica di tendenza surrealista-neodadaista, sembra quasi riecheggiare esplosioni prodotte per costruire e ricostruire, ma sono esplosioni di colori nel rifiuto delle forme tradizionali ormai demolite. Bagliori lucidi attraverso le nubi cupe di un presente complicato. Un invito all'ottimismo ed alla positività: un riscatto della materia.

La negazione delle "forme tradizionali" era già una rappresentazione mentale dell'Arte Astratta, dell'Action painting, del Tachisme, dell'Espressionismo astratto, più altri movimenti che rappresentavano oggetti senza considerare le forme ed i colori, raccogliendo solo l’essenza della visione o immaginazione dell’artista, ma indugiando pur sempre nelle forme.

Opere materiche/polimateriche di tendenza surrealista-neodadaista[modifica]

Come già Jackson Pollock e Jean Fautrier, come Antoni Tapies e Alberto Burri, artisti innovativi e riformatori di immagini che producono emozioni e raccontano storie, ecco il formarsi progressivo di una moderna tendenza materico-surrealista-neodadaista[2] che si sprigiona con questo tipo di opere. Gli autori e gli artisti che si riportano a questa tendenza hanno dato inizio a opere estremamente contraddistinte, ma spesso caratterizzate, da pennellate libere e corposi strati di colore, segni, criteri e valori all'insegna dell'improvvisazione, liberati da qualsiasi residuo formale di regole procedimentali, per esaurirsi con l'atto stesso della creazione dell’opera. Questo tipo di arte è dunque un’espressione di un "rifiuto della forma" che di proposito ignora l’esame scrupoloso del definito a favore di una illustrazione infinita e imprecisa dello spazio.

Un impatto che tenta di esprime, nonostante la supremazia di elementi lineari e geometrici, una forte plasmabilità, e che tenta di proiettare la mente dell’osservatore oltre l’immagine dell’oggetto, o del soggetto stesso, e oltre il suo stesso pensiero. Tale tipo di espressione artistica tenta di riecheggiare nell’osservante logiche interpretative nel tentativo di riportarlo alle sue vecchie decisioni , distrazioni, conclusioni passate.

Normalmente si tratta di opere molto grandi, quasi giganti, che obbligano a grandi spazi visivi, e di distanza dall’opera stessa. Come se la distanza dell’osservare sia poi quella necessaria per pensare. Distanza e tempo. Il tempo necessario a riflettere. I colori spingono ad osservare con favore una emotività profonda e positiva, comunicando fiducia e speranza per l'umanità e il suo futuro, ma anche di angosce del passato, quel passato frutto di turbolenze da oltrepassare insieme a colui o colei che guarda, ignari spettatori di un quotidiano quasi latente.

Note[modifica]

  1. www.premioceleste.it - Celeste Network - Italia, Joshua Maurini - Artista - Celeste Network, su www.premioceleste.it. URL consultato il 2 febbraio 2017.
  2. materica, arte nell'Enciclopedia Treccani, su www.treccani.it. URL consultato il 2 febbraio 2017.


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