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Giuliano Mignini

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È noto per essere stato coinvolto quale titolare della pubblica accusa nel processo per la morte di Meredith Kercher, nonché, precedentemente, per le investigazioni condotte a proposito della morte del giovane gastroenterologo perugino Francesco Narducci, trovato nel Lago Trasimeno nel 1985, molti anni dopo vista la possibilità che il caso, molto controverso, fosse collegato a quello c.d. del Mostro di Firenze.

Avendo sostenuto l'accusa contro Amanda Knox e Raffaele Sollecito nel caso del delitto di Perugia, è stato attaccato dai media statunitensi - nonché dalla stessa Knox, che lo ha definito «incompetente»[2] - a seguito della loro assoluzione in Corte d'Appello, nonostante il caso fosse costellato di contraddizioni ed ancora ad oggi sembrerebbe irrisolto. Tuttavia, come lui stesso afferma nell'intervista-documentario "Amanda Knox" (prod. Netflix, 2016), l'opinione pubblica lo ha sempre sostenuto.

Formazione[modifica]

Nativo di Perugia, si è laureato in giurisprudenza all'Università degli Studi di Perugia.

Il dott. Mignini ha iniziato la carriera in magistratura inquisitoria a Volterra,per poi passare alla procura circondariale di Perugia e, dopo la chiusura di quest'ultima, alla procura della Repubblica, dove è stato per 24 anni complessivi.[3]

Altra vicenda che ha reso noto il p.m. Mignini è stata l'arresto della pornostar Brigitta Bulgari, chiesto al procuratore ed autorizzato dal giudice per le indagini preliminari per il reato di pedopornografia, a seguito di uno spettacolo hard tenutosi in presenza di minori d'età. La Bulgari è poi stata assolta.

Ha maturato, durante la professione, esperienza nel campo della lotta alla criminalità organizzata.[4]

Casi notori[modifica]

Il caso Narducci e il mostro di Firenze[modifica]

Tra le piste percorse dagli inquirenti fiorentino nelle indagini sul controverso caso del mostro di Firenze (espressione coniata dal giornalista Mario Spezi per descrivere il o i pluriomicida di alcune coppie di giovani nei pressi di Firenze verificatisi tra il 1869 ed il 1985), quella dei "riti satanici" è nata proprio a seguito della testimonianza rilasciata dalla scrittrice ed esperta di esoterismi Gabriella Carlizzi - che spessissimo aveva collaborato con la magistratura e che di questa aveva la fiducia - al Pubblico ministero Giuliano Mignini, in cui riferiva di una setta che avrebbe pagato i compagni di merende per compiere delitti al fine di procurarsi le parti anatomiche genitali femminili da utilizzare per riti propiziatori.

A seguito della riesumazione, nel 2002, del corpo del gastroenterologo perugino Francesco Narducci, trovato morto nel Lago Trasimeno nel 1985, proprio il PM Mignini, procuratore a Perugia, ipotizzò la sostituzione del cadavere da parte della stessa loggia massonica che si sospettava collegata agli omicidi di Firenze. A consolidare l'ipotesi dell'omicidio di Narducci, visto che nell'85 il caso era stato archiviato come suicidio, la testimonianzia, poi ritirata, della domestica che lo avrebbe visto scrivere una lettera di scuse.[5] D'altronde, nonostante l'archiviazione disposta, nell'ordinanza del GIP si specifica che, come intuito dal PM, il cadavere ripescato il 13 ottobre 1985 non poteva essere quello del medico ma quello di uno sconosciuto, che il Narducci era morto in circostanze di tempo e di luogo completamente diverse tra loro e che non era annegato.[6]

Omicidio di Meredith Kercher[modifica]

La studentessa Meredith Kercher è stata assassinata, dopo aver subito violenze sessuali, a Perugia il 1º novembre 2007. Nel caso che ha preso il nome di delitto di Perugia e che ha assunto una incredibile valenza mediatica, Giuliano Mignini è stato uno dei due pubblici ministeri che hanno guidato l'indagine, soggetti alla forte pressione dei giornali e dell'opinione pubblica (come per sua stessa ammissione: «Il mio lavoro si svolse sotto i riflettori degli United States»[7]).

Nella sua intervista a Netflix, Mignini sembra tuttora convinto della tesi che lo ha condotto alla formulazione della richiesta di condanna per omicidio a 26 anni per Amanda Knox e 25 per Raffaele Sollecito, accolta in primo grado visti «i riscontri oggettivi e le testimonianze» il 5 dicembre 2009 dalla Corte di Assise di Perugia presieduta dal giudice Giancarlo Massei.

Vista però la successiva sentenza di "ribaltamento" emessa dalla Corte d'Assise d'Appello (gli imputati sono stati infine assolti con formula "dubitativa", ossia per mancanza di prove oggettive), la rilevanza mediatica del caso è costata al procuratore Mignini giudizi sulla sua professionalità oltreché sull'immagine della giustizia italiana[8] specialmente da parte dei media statunitensi, che sono sembrati più spesso protendere, aldilà del dovuto garantismo, verso un'ingiustificata difesa della connazionale Knox.

Nonostante quella del processo a Knox e Sollecito sia stata una vicenda più che tormentata, Mignini ha sostenuto con certa convinzione che gli atteggiamenti di Amanda, nonché un'altra serie di indizi oggettivi, riconducessero i sospetti sull'americana, originaria di Seattle[9]: tra questi elementi, nell'intervista a Netflix ed in altre circostanze il p.m. ha indicato:

  • il fatto che il cadavere di Meredith sia stato coperto (indicherebbe la probabilità che l'autore del delitto sia una donna o comunque non certamente uno sconosciuto);
  • il fatto che la Knox abbia più volte cambiato versione dei fatti (lei sostiene a causa della pressione esercitata dagli investigatori che l'hanno interrogata in Questura durante una lunga notte): tra queste, la grave accusa rivolta a Patrick Lumumba, immediatamente arrestato per omicidio a causa della falsa testimonianza della Knox (poi condannata per calunnia; lei ha sostenuto di aver inconsapevolmente accusato Lumumba, suo datore di lavoro che la aveva licenziata, perché gli investigatori l'avrebbero dapprima indotta a confondersi dopodiché addirittura costretta a dichiararlo; in compenso, Lumumba ha apertamente ammesso di sospettare molto a proposito di Amanda Knox, che ha definito un'«attrice fantastica»[10]) (in proposito, chiede provocatoriamente Mignini nel documentario: «spiegatemi perché»);
  • il fatto che Rudy Guede sia stato condannato, data l'impossibilità che fosse l'unico autore e la sua dichiarazione di innocenza, per omicidio in concorso di colpa;
  • il fatto che la polizia scientifica avesse rilevato, analizzando il corpo della Kercher, che tre persone dovevano aver partecipato all'omicidio o comunque essere state presenti nella stanza di via della Pergola n. 7; in questo senso il fatto della presenza dei due sospettati sulla scena del crimine appare pacifico anche stando alla sentenza di Corte d'Appello di Firenze (che li assolve); peraltro, a proposito della sentenza di assoluzione stabilita il 27 marzo 2015 dalla Quinta sezione penale della Cassazione, Mignini ha sostenuto che la corte suprema sia «entrata nel merito senza poterlo fare. E comunque anche quest’ultima sentenza colloca Amanda e Raffaele sulla scena del crimine»[11];
  • il fatto che sul coltello ritrovato in casa di Raffaele Sollecito, perfettamente compatibile con l'ideale arma del delitto designata dall'indagine medico-legale, vi fossero tracce dei DNA dell'assassinata Kercher - sulla lama (secondo alcuni si sarebbe potuto trattare di contaminazione a causa di "grossolani" errori della polizia scientifica[12]) - e di Knox - in corrispondenza del manico (prova, questa, inconfutabile) -;
  • il fatto che, nel momento in cui ad Amanda Knox fu mostrata la presunta arma del delitto, questa si mise i palmi delle mani alle tempie ed urlò (secondo il p.m. poteva essere stata una reviviscenza, il terribile ricordo del fatto, nella mente della presunta assassina).

In una recente intervista[13] al mensile Nuova Cronaca, ha ribadito che Knox e Sollecito «erano sulla scena del crimine».

Amanda Knox, sul suo blog, descrive Giuliano Mignini come un «palloncino gonfiato» titolando l'articolo «Giuliano Mignini: il Mostro di Perugia» e manifestando il suo disprezzo per il pubblico ministero che ha chiesto la sua condanna, a suo avviso rovinandole alcuni anni della sua vita e la sua reputazione per un fatto non commesso ed imputandogli la colpa di agire come l'investigatore protagonista di un film giallo.[14]

Note[modifica]

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